Il fantasma uscito dalla tomba
La necessità di trovare un nuovo equilibrio tra capitale e lavoro

Ne abbiamo sentite tante questo weekend che quasi ci girava la testa.
E’ stato persino agitato un fantasma buono a spaventare i bambini, quello della crudele signora Thatcher. Ora, con tutta l’immaginazione possibile, prendete una foto della signora Tathcher, provate a sovrapporla ad una di Renzi e diteci se vi sembra se vi possa essere qualcosa in comune. Persino Tony Blair ebbe difficoltà a calarsi nei panni della Iron lady, figurarsi il buon Matteo Renzi. Mondi diversi, culture diverse, personalità diverse, come si può pensare di tracciare un qualche paragone del genere? Solo una demagogia da due soldi vi può essere indotta e se la cosa potrebbe dispiacere a Renzi, altrettanto dispiacerà agli ammiratori della Thatcher che ancora esistono nel Regno unito o altrove. Renzi è solo Matteo Renzi. Un giorno il premier ha ammesso candidamente di non sapere chi fosse Donato Menichella, per cui non andiamo a cercare paragoni con protagonisti politici del secolo scorso, inglesi o italiani che possano essere. Piuttosto vi sarebbe da dire che non essendoci stato in Italia un qualche erede della signora Thatcher e tantomeno di Tony Blair, l’Inghilterra ci sta avanti in tutto e noi invece arranchiamo, tanto che ci sembra una leggenda quella di un governo italiano capace di vantare di avere superato il Pil dell’Inghilterra. Perché da allora, era la seconda metà del 1980, lo scostamento è stato tutto a nostro svantaggio. Il buon Renzi non eredita la situazione grigio rosea dell’Inghilterra governata dalla Thatcher e da Blair, ma quella nera dell’Italia governata da Prodi, D’Alema, Amato, Berlusconi, Monti e Letta e prima di loro da governi che sul piano dei conti pubblici e degli investimenti hanno creato le condizioni del disastro. La riforma dell’articolo 18? Doveva farla Berlusconi nel 2001 ed era già tardi. L’aveva messa allo studio un valoroso collaboratore del governo D’Alema nel 1998, Massimo D’Antona che fu ammazzato, dopo essere stato bollato come un nemico dei lavoratori dall’allora segretario della Cgil. Questa è la storia della riforma del mercato del lavoro in Italia. La Riforma delle pensioni? Anche quella doveva essere fatta dal governo D’Alema nel ’96 e si è dovuto aspettare il governo Monti sedici anni dopo. Ora è già da rimodulare come era ovvio. I capitoli che il governo dovrà affrontare sono ancora più vasti, tanto che c’è già chi scommette sul fallimento di Renzi. Almeno bisogna dare atto al presidente del Consiglio di aver gettato un sasso in una palude stagnante, l’emblema del drammatico ritardo in cui affonda l’Italia.
Solo per questo Renzi merita di essere incoraggiato a perseguire l’obiettivo, soprattutto quando il suo stesso partito davanti a questo sforzo mostra di essere recalcitrante.
Nel Pd non riescono nemmeno a capire come sia stato possibile che sia venuto fuori uno come Renzi. Un mistero. Non è un mistero invece e lo ha ricordato giustamente l’onorevole Bersani, il perché della necessità di cercare un equilibrio fra capitale e lavoro. Giusto, solo che il capitale in Italia è diminuito ed il lavoro, è in continua ed (sembra) inarrestabile decrescita. Lo statuto dei lavoratori invece è rimasto meravigliosamente intatto, e con lui tutto il sistema di vincoli e lacciuoli che hanno ingessato il paese ad ogni livello per quasi cinquant’anni. Non ci sembra di vedere all’orizzonte il pericolo che la signora Thatcher risusciti dalla tomba.

Roma, 22 settembre 2014